›› Medugorje: Cristian, la sua esperienza di FEDE

Stavolta tocca a Cristian dare la sua testimonianza:


IL SEGNO FONDAMENTALE PER LA MIA CONVERSIONE



Ricordo che stavamo andando a cena, la seconda o terza giornata di permanenza a Medjugorje. 
... Un po’ affranto dal business che si vede e si respira a Medjugorje, dissi ad Andrea, che mi precedeva nel salire le scale per la sala da pranzo: Andrea, ti dico che io voglio dei segni, sì, per crederci voglio dei segni prima di ripartire per l’Italia!
Per chi non mi conosce, la frase sopra può sembrare fuori luogo, almeno per tanti “veri” credenti. Per chi mi conosce un po’ meglio sa che io spesso devo esternare i miei pensieri, anche caricandoli un po’ di spettacolo. Ma diciamo che poi in realtà sono molto serio e questa spavalderia di esclamare ad alta voce “io voglio dei segni”, è in realtà un mio esternare i dubbi che avevo in generale sulla sopravvivenza dell’anima alla morte del corpo fisico; e poi, insomma, anche se il segno non l’avessi ricevuto non avrei smesso di chiederlo. Mi arrendo difficilmente e mi abbatto magari per qualche giorno ma di solito ritorno alla carica con le mie idee senza troppi problemi ad esternarle. Penso che ogni uomo dovrebbe fare così: dire senza timore, anche alle altre persone, i suoi desideri di vita.
Ed incredibilmente il segno arrivò. Il fatto è che ora, dopo il mio ritorno da Medjugorje e la mia conversione, ho collegato molti eventi passati e compreso che di segni ne avevo già avuti tanti solo che venivano collocati in una dimensione paranormale generica e non come probabili segnali per me da parte dello Spirito Santo e quindi da Dio, dal suo prediletto figlio e, ovviamente, dalla madre celeste di tutti noi. Sorrido e ricordo Andrea che dice:
- Domani mattina andiamo sul monte Krizevac, è molto più ripido del Podbrdo, ci sono dei sassi da salire anche di 20-30 cm di altezza. Tuo padre è meglio che non salga. - Mio padre ha il morbo di Parkinson. E’ rimasto alla pensione a riposare.

Cominciamo la salita. Andrea comincia le sue pause alle stazioni della via crucis, anche qui presenti come la salita al Podbrdo. Succedono le solite curiosità in sua presenza. Lui prega un po’ forte, invoca lo Spirito Santo, due persone vicine esclamano con lui: Possiamo venire con lei? 
E poi questa persona parla ad un’altra del suo gruppo: Facciamo così, attacchiamoci al gruppo di questo signore e facciamo le stazioni con loro. Ciò successe anche il giorno precedente. Scesi dal Podbrdo ci recammo alla croce blu che si trova lì vicino. E’ una croce blu di metallo, in un punto dove i veggenti hanno avuto altre apparizioni. Andrea pregava, parlava, gli s’avvicina una coppia e gli dice: scusi, noi siamo un gruppo di 42 persone, voi domani che fate? Possiamo venire con voi?
Nostri sorrisi. Andrea comincia a parlare con loro. Insomma Andrea spesso sembra una calamita. Solo che invece di metallo attira persone, anime magari bisognose di una presenza più concreta, più energicamente forte e che fa trasparire la sua genuinità di fede attraverso la sua voce tonante: ecco ho trovato il paragone: mi fa pensare ad una fede espressa come quella di Giovanni il Battista presso il fiume Giordano, dove a voce alta parlava del regno dei cieli, del salvatore.
Anche un altro Andrea, a volte, si “attaccava” al nostro gruppo. Ne parlerò. Ma ora torniamo al segno tutto per me e, per la mia conversione, direi fondamentale come aspetto simbolico, seppur concreto e reale soggettivamente nel suo manifestarsi. 
Durante la salita sono vicino al mio amico Maurizio. Non l’ho conosciuto alla partenza. Per il semplice motivo che era con me alle scuole medie circa 25 anni fa. E dove lo rincontro? Su di un pullman in partenza per Medjugorje!
Andrea stava controllando se tutti erano a bordo. Arriva al mio nome e lo legge a voce alta: Cristian Colantuono!
Qualcuno mi sfiora l’orecchio. Mi giro e lo riconosco dopo qualche attimo: 
- Maurizio, ma che ci fai qui?

Spesso durante il viaggio, ma soprattutto al ritorno dico: che causalità: a Bologna siamo 500.000 persone. Pensiamo alle statistiche? Quanti giovani sui 40 anni vanno a Medjugorje in una gita in pullman? Diciamo pochissimi: infatti sul pullman, a parte i figli di Andrea, della nostra età ci siamo solo noi. E lui era a scuola con me 25 anni fa! Ok, sarà un caso, come molti diranno, ma bisogna anche considerare altri fattori. Lui è venuto solo per accompagnare la madre, non voleva partire. Si era portato dietro il computer portatile pensando: “chissà che scatole, lo prendo dietro così passo il tempo”. Non sapeva dove la madre lo portava. Non era credente o quantomeno praticante. Era il classico ragazzo, ora senza lavoro, da alcool, pub e ragazze a volontà. Tornato cambiato, voglia di pregare ed in macchina ascoltare un cd di musiche religiose acquistate alla comunità sollievo Yahweh. Facendolo sentire e cantare incessantemente ad alcuni suoi amici. 

In quei giorni la sera stavo quasi sempre con lui. Io e Maurizio inseparabili: a prendere un gelato, al pub con i figli di Andrea. Tra i negozietti. E fumare. Per assurdo a Medjugorje ho cominciato a comprare i pacchetti di sigarette. Ho condiviso con Maurizio quest'insana abitudine fumando più che a casa, dove fumavo una, massimo due sigarette al giorno. Ma era uno svago momentaneo, che ho vissuto con piacere, mentre passeggiavamo. Però dal ritorno in Italia del 19 giugno ad oggi, 18 ottobre, non ho più fumato e probabilmente non fumerò più! Ora preferisco riempirmi i polmoni di Spirito Santo…
Anche lui, accanito fumatore, da quanto mi ha detto l’ultima volta che ci siamo sentiti, in Italia fuma solo 4 o 5 sigarette al giorno con l’intenzione di smettere. Lui che fumava più di un pacchetto al giorno.

Saliamo lentamente sul Krizevac. Io, per la verità, ero uno dei primi del gruppo. Non sentivo nessuna stanchezza. Volevo solo arrivare in cima, arrivare alla grande croce. Intanto con la macchina fotografica mi soffermavo a riprendere Medjugorje, che da lassù cominciava a diventare sempre più piccola.
Arrivati nell’ultimo tratto, ma non ancora alla croce, a circa una ventina di metri, io e Maurizio ci sedemmo osservando il bellissimo panorama. E ci fumammo una sigaretta. Bevvi un po’ d’acqua dall’inseparabile borraccia, mangiai due pastine al cioccolato. Che meraviglia! Spensierato. Non pensavo più ad eventuali segni. Ero in relax dopo una salita ad un monte abbastanza ripido. Lascio Maurizio e, prima di arrivare alla croce, mi metto a fotografare il paesaggio e delle figurazioni religiose in terra: con dei grandi sassi bianchi qualcuno ha composto delle croci ed un grande cuore.
Fotografo il cuore. 
Sono leggermente reclinato in avanti.
Il sole mi bacia la fronte.
E’ una giornata meravigliosa.
Sempre in quella posizione un po’ reclinata in avanti sto riosservando lo scatto della foto memorizzata.
Una mano leggera, ma sicura, s’appoggia sulla mia spalla destra.
Mi giro.
Non c’è nessuno.
Qualche metro più in là passano delle persone ma non sono loro di certo, con una mano lunga 4 o 5 metri, ad avermi toccato la spalla, anche considerando che ero leggermente reclinato in avanti.
Ecco il segno.

 

 

POESIE
di Antonio Sinibaldi

Spinete: 4° festa dell'Emigrante
11 Agosto 2013
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